IL CANE "PARATORE" ITALIANO: TRA PASSATO E FUTURO



La cooperazione tra il cane e l'uomo viene datata osteologicamente almeno a 12.000 anni fa, quando questo canide strettamente imparentato con il lupo, classificato come "canis familiaris palustris" o "cane delle torbiere", prese a vivere con l'uomo rendendosi partecipe alle sue attività per la sopravvivenza; certamente all'inizio nella guardia dei villaggi e nella caccia, essendo egli cacciatore sociale di indole. In seguito, con il mutare delle condizioni della società umana, si ebbe un sempre maggior incremento dell’allevamento degli animali domestici (ovini in particolare), relegando cosi la caccia ad un ruolo sempre più marginale.

Certamente, la pastorizia, nelle sue varianti, divenne per un lungo periodo la principale forma di sostentamento per buona parte del genere umano di ogni continente, insieme ad una precaria agricoltura di sussistenza e delle caccie stagionali puramente integrative. Ecco dunque in un mondo selvaggio, popolato da una moltitudine assai varia di predatori ferocissimi, tra cui lo stesso uomo nei confronti dei suoi consimili, l'esigenza di un cane pastore. La necessità d'utilizzo, la disponibilità di materiale genetico e una rigida selezione basata sulla funzionalità, portarono all'evolversi di due tipologie ben distinte di cane da gregge, sebbene accomunate da uno scopo medesimo: i guardiani, di tipo molossoide, e i “toccatori” detti altresì “paratori”, di tipo lupoide.

Il nome toccatore viene dal termine "tòcca", è di origine dialettale, tipico del centro-sud Italia e rimanda al significato dell'azione di portare, condurre, far muovere. I toccatori italici, trà cui il nostro " lupetto abruzzese " e molte altre razze canine europee di tipo lupoide, derivano direttamente dal "canis familiaris palustris" detto anche "cane delle torbiere" poichè conviveva con l'uomo già quando questi viveva nelle palafitte poste su zone acquitrinose ed è giunto fino a noi senza molte alterazioni "artificiose", essendo stato sempre in mano agli utilizzatori che ne hanno curato la selezione, basandosi su elementari criteri di funzionalità come già faceva l'uomo agli albori del suo percorso evolutivo.

I toccatori italici sono il Pastore Bergamasco e il toccatore di tipo abruzzese detto anche Cane Paratore o lupetto abruzzese, o lupino, che almeno in parte discende dagli stessi antenati di cani tipo Pastore Bergamasco, Lagotto romagnolo, certamente dal Volpino Italiano ( che è stato sempre presente nell'ambito dell'ambiente agropastorale ) e dal lupo dell'appennino. Morfologicamente possiamo descriverli come cani dai tratti lupoidi, marcatamente arcaici, di taglia media o talvolta medio-piccola a seconda della linea di sangue, dal peso di circa 15-25 kg, di colore eterogeneo che ha in genere come base il grigio e va al grigio lupo, grigio pezzato, leopardato, con carbonature, marrone sfumato, nero a tinta unica o con focature e o sfumature che a volte possono tendere al giallo. Il manto è in genere di media lunghezza di diverse tessiture, caratteristica in parecchi soggetti è la tessitura di pelo cosidetto "duro",tipo spinato,a volte abbinato al tipico "pizzetto", ma sempre composto da folto sottopelo impermeabile, in particolare d'inverno , traspirante d'estate, in seguito alla muta primaverile e quindi sempre al massimo della funzionalità. Le orecchie sono erette o semierette, la chiusura dei denti è a forbice diritta, la forma cranica ricorda assai spesso quella del lupo.

Essi sono dotati di eccezionale nevrilità, agilità, resistenza fisica e robustezza. Tra le doti intellettive spicca la straordinaria capacità di percezione dei segnali comunicativi da parte dell'uomo; questa dote, unita ad una formidabile rapidità di elaborazione mentale e una tempestiva traduzione in azione pratica, è retaggio dell'antico istinto predatorio, di quando allo stato selvatico i loro antenati cacciavano in branco, comunicando con rapidi e sfuggenti segnali mimici.

Queste doti arcaiche, convogliate nel lavoro sul gregge, ne fanno coadiuvanti indispensabili a qualsiasi funzione: per la mungitura e la tosatura, infatti sono essi a far avanzare le pecore verso il mungitore o il tosatore, sempre loro le tengono lontano dai confini con i terreni coltivati, mantengono il gregge unito durante gli spostamenti e ritrovano i capi smarriti.


In tutti questi compiti, il cane paratore è avvantaggiato dal suo fisico leggero e forte per cui evita con facilità di venire caricato dalle pecore più focose e inoltre essendo un cane da contatto, se fosse privo della delicatezza che gli è propria, rischierebbe di strappare il vello della pecora, mentre invece riesce mirabilmente a pizzicare la lana superficialmente, quel tanto che basta a stimolarla al movimento e darle la giusta direzione. Stessa cosa dicesi per gli urti: certo un cane pesante e grossolano o semplicemente massiccio, colpendo malamente le pecore in gravidanza, rischierebbe di comprometterne l'esito.

Ecco che vediamo il senso della costruzione strutturale di questo cane:

leggero e scattante, ma al contempo capace di movimenti eleganti e coordinati. Spicca la sua estrema frugalità e l'elevato grado di assimilazione alimentare del suo organismo abituato ad un'alimentazione fatta di siero, crusca, pane secco e avanzi in genere; sempre efficiente in ogni condizione climatica e ambientale anche in quelle estreme; neve, pioggia, calura estiva, mancanza d'acqua prolungata, alta quota, fango, rovi, pietraie: questi sono gli ambienti che hanno forgiato la razza.

Questa popolazione canina si contraddistingue per una alta eterogeneicità. Infatti, sono i pastori che da sempre preservano questa razza così come è sempre stata e ne curano la selezione, facendo accoppiare i propri cani con i migliori di altri ceppi, rinsanguando e all'occorrenza scartando i soggetti meno idonei. Il resto lo fa l'ambiente circostante e le peripezie quotidiane; certo è che solo i migliori arrivano alla riproduzione. Non è infrequente che delle femmine di toccatore in calore accettino di accoppiarsi con il lupo; degli evidenti riscontri nella morfologia e i racconti dei pastori ci portano a questa innegabile conclusione, tanto che da qui il nome di "cane lupo italiano", "lupino italiano", "lupetto abruzzese".

Certo la spontanea e sporadica reintroduzione nelle linee di sangue del ceppo selvatico non può che accentuare robustezza, forza, agilità, tempra e attitudine al lavoro.

Infatti, come dicevamo pocanzi, alla base della conduzione c'è l'istinto predatorio che, canalizzato nel lavoro, fa del nostro cane lupo un essere insostituibile. Basti pensare che un solo soggetto svolge tranquillamente il lavoro di due persone, inoltre d'indole può svolgere anche il compito di sentinella - avvisatore durante la notte, quando l'uomo deve necessariamente riposare.

La magnificenza delle razze canine da pastore "primitive" sta nella conservazione intatta, a tutt'oggi, di quelle caratteristiche psichiche e morfologiche che ne hanno permesso il perpetuarsi, senza artificiosità umana alcuna, anzi, l'uomo ne è stato sostenuto egli stesso, assieme ai suoi averi, nell'attraversamento di ere buie, vissute in ambienti avversi, come chi nel mezzo dell'oceano in tempesta naviga con una piccola leggera, ma solida imbarcazione. Certo, senza questi preziosi esseri a supportarci, la civiltà umana avrebbe avuto un più sofferto cammino e ora saremmo ad un punto diverso del nostro percorso.

La gran parte del genere umano, in bene o in male è mutata, loro no: sono gli stessi dai tempi dell'antico sodalizio avvenuto all'alba del nostro cammino, sempre uguali. Basta guardarli, osservarne il comportamento nel corso della loro vita. Le femmine maturano assai precocemente rispetto a quelle appartenenti alle razze selezionate per la cosiddetta bellezza e slegate dalle loro origini, già intorno ai sette mesi possono avere il primo calore, il che è anche indice di un connesso sviluppo mentale precoce; in esse elevatissimo è il senso materno e l'istinto di protezione della prole, cosa che spesso viene riflessa al nucleo famigliare umano, bambini in particolare, con un attaccamento e un affetto di intensità ineguagliabili poichè è vero amore materno a tutti gli effetti. Esse partoriscono senza difficoltà alcuna, l’allattare, l’accudire i cuccioli viene loro naturale, la mortalità tra i piccoli è bassissima e non esistono patologie caratteristiche della specie, anzi, dispongono di un sistema immunitario di comprovata validità.

Certo raramente i pastori vaccinano o sverminano i propri cani, che peraltro non sembrano sentirne l'esigenza, nonostante la loro quotidianità si svolga in ambienti tutt'altro che asettici, perdipiù spesso in contatto con animali selvatici di ogni genere. Già a poche settimane di vita i cuccioli sono robustissimi: abbiamo potuto constatare personalmente la loro indifferenza alla pioggia e al freddo, mangiano e assimilano di tutto, sono attivissimi, nevrili e il loro è un vero appetito da lupo, sebbene data l'elevata capacità che ha il loro organismo di assimilare e valorizzare in maniera ottimale qualsiasi cosa,il loro fabbisogno effettivo è di poche kcal giornaliere. In questi cani, spiccata è la padronanza del territorio e delle cose alla loro custodia affidate, nella quale si prodigano in qualità di sentinelle - avvisatori. L'adorazione per il capobranco umano e l'amore per i membri della sua famiglia, fanno del nostro lupetto il cane ideale, anche per coloro che non praticano la pastorizia, ma semplicemente desiderano un compagno d'avventure, un amico di antiche origini, portatore di caratteristiche più che mai utili oggi come ieri. Il cane da tocca, oggi come in passato, è maggiormente diffuso in Abruzzo, dove è allevato strettamente in contesti pastorali, aldifuori dei quali è totalmente sconosciuto: pochissime sono le testimonianze scritte o fotografiche sulla razza, tanto che molti si chiedono se veramente di razza si tratti.


Fortunatamente, qualche testimonianza, seppur rara, scritta e fotografica, è giunta fino a noi grazie al dottor Paolo Breber, cinofilo, appassionato conoscitore delle razze italiane da lavoro, che cita questi cani e ne pubblica alcune fotografie nel libro sul cane da pastore abruzzese edito nel 1977, dove si possono vedere dei bei soggetti molto tipici, pressochè identici agli odierni, che dimostrano quindi come ci sia stata la continuità di tipo, di funzione e, quindi, anche genetica, da allora ad oggi, e dà agli appassionati il diritto di parlare di razza a tutti gli effetti.


Maurizio Marziali
Maurizio Marziali 2009. Tutti i diritti sono riservati.

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